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28 novembre - 12 dicembre 2018. Galleria I Preferiti, via Mompiani, 1a - Roma
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I ricordi sono il senso della vita, trasformano in storie da aggiungere all'infinita Storia della Specie anche il transito delle esistenze apparentemente più insignificanti. Ma i ricordi svaporano: l'età ci punisce spesso impietosa così. Una perdita che colpisce anche le società che invecchiano male, ma sembrano riconsegnarci le redini della nostra individualità. Le tracce della memoria collettiva sbiadiscono e si perdono travolte da presenti senza futuro, rimozioni, paure. Piccoli e grandi oblii. Debiti e doveri di superficie.
Come salvare questi ricordi, senza precipitare nel baratro della nostalgia? Certo possono aiutarci anche gli archivi della rete. Ma l'intelligenza che li governa non è la nostra: rischiamo di perderne il possesso e il senso d'uso. I ricordi bisogna contemplarli con lo stupore e il distacco di chi ammira un paesaggio. Riconoscerli anche nelle vibrazioni dell'immaginario collettivo, degli dei sconosciuti, degli altri da noi. Visitare le terre, i mari, i deserti in cui abitano e in cui sono sprofondati insieme alle macerie del tempo. Disseppellirli il più delle volte. Strato per strato. Un lavoro da archeologi, attenti ad affondare la pala e il raschietto per non intaccare quelle fragili miniere di cimeli. Forse non arriveremo mai al cuore di quelle memorie insabbiate o annegate. Quelli che estraiamo, passiamo al setaccio e contempliamo insieme ai paesaggi di trincee successive che li hanno restituiti, restano indizi. Segni, colori, fantasmi. Frammenti di specchi. Miraggi e rottami di naufragi, veri o immaginati, da ricomporre. Per ritrovare almeno il groviglio di fili invisibili che intreccia la nostra vita a quella degli altri. E riconoscerci migranti tra altri migranti.
Danilo Maestosi
Le terre dei ricordi
"Quando più niente sussiste di un passato antico, (....) l'odore e il sapore lungo tempo ancora perdurano" (Marcel Proust). Allo stesso modo i dipinti di Danilo Maestosi esplorano le terre dei suoi ricordi, dalle quali affiora e si diffonde la fragranza delle sue personali madeleine (i dolci che a Proust rammentavano l'infanzia). "I ricordi sono il senso della vita" - scrive Maestosi nella sua autopresentazione. Potete ben capire, quindi, come si viva oggi, che la memoria è stata cancellata definitivamente; che gli archivi si sono svuotati; che le librerie, le biblioteche e i posti dove le persone si incontravano per parlare sono quasi deserti. Oggi la gente è avida di like. Non di odori, di sapori e di parole. Non si occupa di quello che è successo ieri. Figuriamoci di quello che è successo prima.
Il merito principale della pittura su tavola del pittore romano è di navigare controvento, per consegnare nelle mani di chi si ferma (contraddicendo l'ossimoro della "furia passiva" che ci domina) ad osservare le sue opere, prima di tutto, una testimonianza. Una "memoria per via di pittura". Che, se ci pensate, è una cosa veramente fuori strada. Non solo "pittura", quella che l'attuale sistema dell'arte vorrebbe defunta. Ma "pittura di memoria", in un tempo in cui c'è spazio solo per un presente decerebrato e servo.
"Come salvare i ricordi" è il titolo che vorremmo dare al manuale prezioso che oggi Danilo Maestosi con questa mostra ci consegna. E i titoli dei capitoli di questo manuale sono quelli dei suoi quadri (secondo me, importanti quanto i quadri stessi). I rossi, i blu, gli ocra e i verdi, su uno sfondo per lo più chiaro, vibrano tracciando traiettorie oblique parallele. Esse seguono le geometrie di sentimenti che affiorano dalla corteccia cerebrale (sede dei ricordi remoti) più che dall'ippocampo (sede dei ricordi recenti). Oltre la cronaca, essi ci parlano della storia personale dell'autore. Una storia che si confonde con quella degli altri, di tutti gli altri. E non è mai un fatto solo privato. Sono i titoli ad indirizzare poeticamente il senso di queste "storie raccontate coi colori".
Radici riconduce al mito di antichi tesori sepolti laddove, si narra, precipiti l'arcobaleno. Orografia del pensiero fragile 1 e 2 con la fragilità, tema a me carissimo, che si staglia all'orizzonte come l'architrave del senso più profondo della vita. Risveglio di Primavera, titolo preso a prestito da Franz Wedekind. La forma dell'acqua elemento germinale da cui tutto proviene (Talete) e la cui "incerta" consistenza nasconde il segreto della potenza degli oceani. La terra desolata, omaggio al poema di Eliot. Il magazzino dei sorrisi, sulle ambiguità del web. L'ultima luce, il ricordo personale del rischio di un annegamento e, insieme. di una tragedia di migranti affogati veramente in mare. Ancora: Orizzonti di filo spinato, Cipria e carezze, La terra Promessa (la Palestina), La vertigine del tuffatore (quello famosissimo di Paestum). E altri (preziosamente)... a punteggiare le tappe di un viaggio all'indietro che sembra configurare l'itinerario di una esperienza ulissica al contrario. Un'avventura che a Itaca preferisce la ricerca delle Province di un passato più o meno lontano, come la storia maestro di vita, per il tramite di una divinità che non muore: la pittura.
Roberto Gramiccia
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OROGRAFIA DEL PENSIERO FRAGILE
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OROGRAFIA DEL PENSIERO FRAGILE 2
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OROGRAFIA DEL PENSIERO FRAGILE
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LA VERTIGINE DEL TUFFATORE
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